Ci risiamo
Il Consiglio Regionale del Piemonte ha rinviato la proposta di legge regionale n. 86 sul riconoscimento della Lingua dei Segni alla Commissione Sanità. Ci risiamo…A questo punto vorrei per un attimo togliermi i panni di sordo e ragionare con la loro testa. Vorrei cercare di capire cosa ci incastra la Sanità, e quindi il tema della salute, nella nostra storia…
Probabilmente hanno ragione: siamo malati. Ma che dico? Siamo pazzi da legare. Come possiamo pensare di vivere in un mondo di silenzio, senza suoni? Come possiamo pensare di passare le giornate senza comunicare con la voce con nessuno? Come possiamo immaginare di comunicare con gli altri come le scimmie? Come possiamo pensare di vivere senza godere appieno le note di una canzone o il timbro di una voce famigliare? Impossibile… Siamo proprio dei pazzi… Ora mi rimetto i panni del sordo: mi trovo meglio. Provo a pensare…
Mi vengono in mente i soliti refrain: “Tu devi guarire!”, “Tu devi parlare!”, “Tu devi sentire” e via discorrendo. Queste imposizioni subliminali trasmesse anche da notizie come queste (e sapeste quante volte mi sono trovato a sentirle – badate bene, a SENTIRLE – dai genitori, dai neuropsichiatri, dai logopedisti…) sono completamente prive di senso: basta solo un pò di sana informazione, la volontà, più che la capacità, di mettersi nei panni degli altri e comunque una grande apertura mentale.
Io devo guarire? Ma se sono sano a parte gli acciacchi degli anni che passano… Se noi sordi possiamo tutto meno che sentire, un motivo ci sarà. E sì che sorrido ancora al ricordo di un colloquio con un dirigente pubblico che mi disse: “… per le persone con problemi di salute come voi…”. Ma c’è poco da ridere.
Io devo sentire? Ma io sento… Anzi sentiamo meglio se non abbiamo le protesi. Questione di punti di vista. La lingua italiana è bella ma ci frega. Al verbo “sentire” associamo diversi significati ma quello più ricorrente, o forse quello più immediato è sentire con le orecchie. Per capire meglio il concetto, usiamo la lingua inglese dove invece sentire si traduce diversamente a seconda del contesto. Così riesce facile capire la differenza tra “to hear” (il sentire che non possiamo, anche se ci mettiamo le protesi, anche se ci impiantiamo un impianto cocleare) e “to feel” (il sentire attraverso le vibrazioni nel nostro caso).
Ecco, questo aspetto sfugge ai più, anzi la maggior parte dei detrattori non lo considerano proprio un argomento del contendere. Altro aspetto che porta fuori strada (e mi viene da dire, lo fanno apposta a confondere…) è l’idea che con le protesi (l’impianto cocleare manco a parlarne…) si senta al 100%. Non è affatto vero: nelle persone nate sorde o comunque diventate nei primi anni di vita con residui uditivi bassi, molto allenamento logopedico consente di avvicinarli alla perfezione (facciamo al 98% perchè siamo bravi) soltanto in determinate situazioni. Da tenere conto, anche come le persone sorde utilizzino in maniera marginale le protesi ma si aiutino con la vista leggendo le labbra ed osservando il più possibile il linguaggio del corpo ed i fenomeni circostanziali.
Io devo parlare? E lo faccio, non parlo molto bene perchè comunque nonostante sia stato seguito da una logopedista per più di 15 anni, non ho il totale e perfetto controllo della mia voce, del mio timbro vocale pur sentendo con le protesi. Le ore di logopedia non mi sono state passate dall’ASL ma gentilmente pagate privatamente dai miei genitori che avevano l’ansia che io diventassi muto. Dettagli… Comunque sia, quando voglio, comunico nella lingua che mi aggrada. Non solo italiano ma anche Lis. Perchè la Lis è una lingua, questo lo diamo per scontato, no? Ah no, non è una lingua? Ah ecco, ora comincio a capire qualcosa…
Mi sbaglierò ma se guardiamo le altre disabilità non noto questo accanimento. Tu devi vedere? Ma no, poverino. Non ce la fa. Un domani magari, con la tecnologia e la medicina che fanno progressi. Per ora diamogli il braille, un cane guida, un accompagnatore, leggiamogli il testo scritto… Insomma qualcosa facciamo. Tu devi camminare? Ma no, poverino. Non ce la fa. Togliamogli le barriere lungo i luoghi abituali, in modo che con la sua carrozzina possa passare. Rendiamogli i luoghi pubblici e privati accessibili in modo che lui possa usufruirne come i normodotati.
E invece noi sordi? Ci vogliono far parlare come pappagalli o come robot perchè deve uscire dalle nostre bocche una voce squillante, da far invidia ai più capaci oratori. Peccato però che poi ci troviamo in difficoltà quando dobbiamo guardare la televisione, molti programmi e molti film non sono accessibili. Non parliamo poi dei cinema, dei teatri, dei convegni, delle lezioni a scuola e all’università, degli altoparlanti delle stazioni ferroviarie e mi fermo qua…
Noi sordi non abbiamo diritto all’accessibilità? Da forse così fastidio che la nostra comunità pretenda accessibilità? Da così tanto fastidio questa lingua? Ci risiamo… Ormai è dal 1880 che ci risiamo. Ci portiamo questa maledizione dal Congresso di Milano. Ma da allora lottiamo e continueremo a farlo…