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certificazione1BPuò suonare strano, ed in effetti è una realtà difficile da accettare,  ma ci sono molte situazioni dettate dalla prassi e dal “si é sempre fatto così” che sono dure da morire. Ad esempio questa mania di etichettare qualunque oggetto o persona capiti a tiro…

Il senso di appartenenza a qualcosa in cui crediamo (o  meglio: a qualcosa in cui ci conviene credere) porta a distinguerci in qualche maniera rispetto agli altri, quasi a voler rimarcare e sottolineare quella differenza: deve esistere per forza.

Finché ci limitiamo solo a appioppare un nome come segno distintivo, può anche andare bene. I guai cominciano quando al nome associamo uno stereotipo, un luogo comune, un pregiudizio. Ahimé, allora sì che sono cavoli amari. Se una fonte che si ritiene autorevole inventa o decide un’etichetta, per un meccanismo perverso di riconoscimento dell’autorevolezza, si tende automaticamente a farsene propria. Quindi adottiamo anche noi quell’etichetta, spesso senza preoccuparci delle conseguenze che comporta. La cosa peggiore è che non riflettiamo se è giustificata o no.

Osservavo l’altro giorno un programma su Mtv, “If you really knew me” (“se tu mi conoscessi davvero”) che mi ha colpito parecchio. Al di là del senso dello spettacolo tipico dei programmi tv americani, la trama di questo reality show é molto semplice. In un college americano c é il brutto vizio del pettegolezzo. Si formano dei gruppi, dei clan di ragazzi che hanno qualcosa in comune. Abbiamo i populars – popolari, gli emo, i punk, gli omosessuali e così via. Il loro divertimento quotidiano é quello di prendere in giro gli altri o di parlare male alle loro spalle.

Nulla di strano, dappertutto é così. Ma al preside non sta bene perché nota un aggressività mal controllata. Allo stesso tempo si assiste ad un aumentare di casi di depressione culminati addirittura in tentativi di suicidio. Entrano in scena dei motivatori che con strategie di dialogo in gruppo fanno capire ai ragazzi come sia necessario conoscere la persona prima di giudicare. Magari si potesse fare questo in ogni scuola a prescindere dalla casistica presente, soprattutto per quanto riguarda la disabilità. L’informazione ed il pregiudizio non vanno d’accordo. Quando manca una vince l’altra. Ecco perché dobbiamo far girare le informazioni…

Ma sopratutto prima di appioppare le etichette a destra e a manca, pensiamoci bene…

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