Il CABSS e Stefania Fadda
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I Venerdì del Pendola: il CABSS

AIMG_3645 Siena il Mason Parkins Deaf Fund organizza annualmente un ciclo, i “Venerdì del Pendola”, che prevede appuntamenti in/formativi dedicati alla sorditá. Il 13 febbraio è stata la volta della Dott.ssa Fadda Stefania, chiamata a presentare il CABSS, il Centro Assistenza Bambini Sordi e Sordociechi ONLUS con sede a Roma in via Nomentana.
Dopo una breve presentazione personale con un curriculum di tutto rispetto, (dal 2008 Direttore della Onlus, Psicoterapeuta e Psicologa specializzata in Salute Mentale e Sordità, membro della European Society for Mental Health and Deafness e del Deafblind International, prima udente italiana a frequentare la Gallaudet University), Fadda ha descritto con molta efficacia e competenza il mondo della sordità e della sordocecità visto dal punto di vista psicologico. Ha analizzando in particolare l’approccio dei genitori nell’affrontare ed iniziare il percorso difficile di crescita dei bambini sordi e sordociechi. Molta importanza riveste l’intervento precoce. Prima si riconosce la sordita, maggiori sono le possibilità di intervento e di costruzione dell’identità del bambino sordo o sordocieco. Si tratta comunque di un percorso da affrontare insieme ai genitori, consapevolmente parte attiva. Il CABSS infatti si inserisce  principalmente nella fascia di etá dai 0 ai 6 anni con progetti in laboratori multisensoriali che si fondano su un metodo innovativo ispirato all’Intervention canadese e allo SKI-HI Curriculum americano.
Per certi versi ho trovato nella relazione della Dott.ssa Fadda molte analogie e punti in comune con quanto vado ripetendo da anni nei miei incontri di sensibilizzazione. In particolare si è soffermata molto sul punto di vista della famiglia e sulla sua reazione di fronte alla scoperta della sordità del figlio. Naturalmente si parla di genitori udenti che in questo modo si trovano a dover fare i conti con un mondo nuovo. Alle normali preoccupazioni che accompagnano la nascita del figlio ed il percorso successivo di crescita e di impartizione di educazione e regole, si aggiungono anche sentimenti ed emozioni di rabbia, ansia, tristezza, vergogna e sensi di colpa che se non seguiti correttamente minano il normale rapporto genitori – figlio sordo e quindi la crescita e la costruzione di un’identità positiva per quest’ultimo. Molti non riescono a immaginare come i genitori siano in balia di queste emozioni e sentimenti simili a quelli provati nel momento del lutto.
Una riflessione che ritengo molto importante in merito all’intervento precoce. Per la prima volta sento parlarne nella sua misura corretta e proporne una formula molto funzionale e adatta al mondo dei sordi. E’ molto importante sapere già da subito se un bambino è sordo: in questo modo si mette in moto un meccanismo di informazione e di assistenza psicologica a 360 gradi in cui i genitori vengono presi per mano e li si aiuta a costruire un rapporto diretto in cui il figlio sordo esplora insieme a loro questo mondo nuovo e riesce ad orientarvisi. Così la sordità non assume più una connotazione negativa: non è più un guasto da riparare, un mostro da debellare. Diventa un mondo nuovo da scoprire, un viaggio forse più difficoltoso ma naturale verso un’identità chiara e precisa: non falso udente o mezzo sordo ma Sordo con diverse abilità ma con delle potenzialità  competitive rispetto agli altri.
Qui alla Spezia per intervento precoce si intende in sostanza protesizzare il bambino sordo subito e se necessario anche impiantare un impianto cocleare a sei mesi di vita “così poi diventano udenti e il problema della sordità non si pone più” (testuali parole di una logopedista). Se è protesizzato, sente quindi non è più sordo: questo è il messaggio che viene passato ai genitori. Non esistono altre soluzioni: non si pone il problema dell’identità.  E’ evidente da parte mia l’opinione sugli impianti cocleari. So benissimo che il progresso va avanti e si scoprono nuove frontiere inimagginabili: arriveremo all’orecchio bionico forse. Ma al momento la propaganda miracolistica di questo “strumento” (come le protesi acustische, l’impianto cocleare è un ausilio che permette ai sordi di “sentire” o quanto meno di far arrivare i suoni al cervello: rimane il problema poi della comprensione ma pare essere secondario.) serve solo ai genitori per realizzare la loro immagine di bambino “normale” o più simile a loro.
Qui deve intervenire l’assistenza psicologica. E’ importante che i genitori siano consapevoli che hanno di fronte prima di tutto un bambino e non un oggetto rotto, qualcosa da aggiustare. Quindi i genitori devono riconoscere “le potenzialità dei propri bambini e ad utilizzare specifiche tecniche e modalità di interazione e comunicazione rafforzando, così, il legame con i piccoli.” Vanno aiutati a “raggiungere, mediante l’impiego di adeguate strategie di coping, uno stadio di “azione costruttiva” in cui sono in grado di andare nella direzione dei propri valori, nell’interesse dei figli, nonostante le emozioni che la sordità o sordocecità suscita in loro.” Il Laboratorio multisensoriale “Il primo passo” va in questa direzione. Si tratta di strumenti e materiali all’avanguardia che permette ai genitori ed ai sordi e sordociechi di scoprire insieme il loro nuovo mondo.
L’intervento precoce deve andare quindi in questo senso: mostrare ai genitori aspetti diversi della sordità, non soltanto dal punto di vista medico (“l’orecchio non funziona, ripariamolo”). E’ importante anche il punto di vista psicologico, sociologico e culturale. Le protesi non sono la panacea della sordità: levate le protesi o quando non funzionano, il bambino ritorna sordo. il suo comportamento sarà sempre quello di un sordo: leggerà sempre le labbra, utilizzerà sempre il canale visivo a conferma delle informazioni ricevute ed altre strategie proprie dei sordi.

Ringrazio veramente di cuore la dott.ssa Fadda per questo momento di “sana” informazione: mi ha dato la sensazione di non essere solo in questa battaglia culturale che sto sostenendo.

 

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