Il mio Venerdì del Pendola al MPDF di Siena
Venerdi 17 aprile sono stato invitato a Siena dal Mason Perkins Deafness Fund per esporre una relazione sull’integrazione lavorativa dei sordi. Il titolo della relazione riprendeva quello della tesi di laurea utilizzata come base delle mie riflessioni sul mondo del lavoro e sulla sua accessibilità alle persone sorde: “Integrazione lavorativa dei sordi: utopia o realtà?”. Erano presenti una quarantina di persone, di cui la metà sordi, quasi tutti lavoratori (ma pochissimi di questi lavorano con i sordi).Vi voglio raccontare come è andata il mo Venerdì del Pendola al MPDF di Siena.
L’intento della mia relazione è far riflettere su come mai l’integrazione lavorativa dei sordi non funzioni. Dopo una breve storia generale sulle leggi che si sono susseguite dall’Unità di Italia (la legge Casati del 1859) ad oggi, si è passati a fare un confronto tra la legge 482/68 e la legge attualmente in vigore, la l. 68/99. La prima è ricordata da molti sordi come un’ottima legge: trattandosi di collocamento obbligatorio nel rispetto matematico dei numeri, il posto di lavoro era garantito a tutti, prima o poi. La seconda, quella attualmente in vigore, invece viene considerata una pessima legge: le assunzioni dei sordi sono crollate in maniera visibile dalle statistiche. Ma com’è possibile questo? Siamo sicuri che la legge in vigore sia sbagliata?
Andiamo a vedere meglio quella legge: passiamo dal collocamento obbligatorio a quello mirato. Sempre dietro ad un mero calcolo matematico, si stabilisce quanti disabili debbono essere assunti nell’azienda in proporzione al numero dei dipendenti. Mentre prima era prevista una graduatoria per ogni categoria di disabilità alla quale attingere di volta in volta, a prescindere dalle competenze, adesso la graduatoria è unica e stilata ad hoc in base alle competenze richieste dal datore di lavoro. Passiamo quindi da un sistema di collocamento al buio ad uno di valorizzazione delle competenze: le persone assunte rispondono sicuramente ai requisiti minimi che il datore cerca pertanto assistiamo a un vero incontro tra domanda e offerta. L’intento del legislatore era quello di collocare i disabili non come un pacco per rispettare semplici calcoli matematici ma come risorse diversamente abili messe a disposizione dell’azienda con quel bagaglio di competenze effettivamente richieste. La legge 68/99, a mio avviso, ha un principio molto valido: almeno dal punto di vista teorico, garantisce una maggiore integrazione rispetto alla 482/68.
Ringrazio tutto lo staff di Mason Perkins Deafness Funds, Miriam e Maria Pia in particolare, l’interprete LIS Elisa e tutto il pubblico che ha avuto la pazienza di ascoltarmi per due ore.